Il vero fascismo non è prendere a manganellate chi la pensa diversamente. Il vero fascismo è la normanità dell'odio; tanto normale da non sembrare nemmeno più odio ma solo un'opinione come un'altra. In questo l'Italia è rimasta un paese fascista.


sabato 28 aprile 2012

Risotto alla monzese



Continua la mia opera di cuoco conto terzi, oggi per la mia ospite ho preparato questo gustoso, ipse dixit, risotto:

Ingredienti (per 4 persone) : riso carnaroli 400 gr., salsiccia 250 gr., zafferano in pistilli 2 gr., vino rosso ½ bicchiere, brodo vegetale 1 litro, burro 30 gr., olio evo 2 cucchiai da tavola, parmigiano reggiano grattugiato 4 cucchiai da tavola, sale.

Preparazione : spellare la salsiccia, sminuzzarla con una forchetta, metterla in un tegame antiaderente e farle perdere il colore crudo (circa 5 minuti a fuoco moderato) e scolare il grasso in eccesso.
In una casseruola fare sciogliere il burro e due cucchiai d’olio e tostare per bene il riso sfumare con il vino e lasciare evaporare l’alcol. Quindi iniziare ad aggiungere un paio di ramaioli di brodo. Proseguire la cottura aggiungendo un po’ di brodo alla volta.
In una tazzina mettere a bagno i pistilli di zafferano con un po’ di brodo caldo.
A ¾ della cottura aggiungere lo zafferano, la sua acqua d’ammollo, la salsiccia ben scolata e portare a cottura.
Mantecare con il parmigiano e fare riposare coperto per un paio di minuti. Se dopo il riposo il risotto non dovesse risultare abbastanza morbido aggiungete pochissimo brodo caldo.

Accompagnare con lo stesso vino utilizzato per sfumare il riso.

Buon appetito.

mercoledì 25 aprile 2012

McCoy Tyner - Sahara


 Quarant’anni e non li dimostra!

Giusto nel gennaio del 1972 McCoy Tyner registrava nei Decca Studios di New York City una delle pietre miliari del jazz: Sahara, il suo primo disco per l’etichetta Milestone.

A supportarlo in questa formidabile session c’erano il fiatista Sonny Fortune (Elvin Jones, Mongo Santamaria, Miles Davis e Nat Adderley tra i musicisti più noti con i quali ha suonato), il bassista Calvin Hill alla sua prima sessione di registrazione (suonerà poi, tra gli altri, con Pharoah Sanders, Max Roach, Lee Konitz) e l’allora ventiduenne batterista Alphonse Mouzon (che non farà tesoro di questa straordinaria esperienza e, piano piano, scivolerà nel jazz/fusion più mainstream sfornando lavori solisti meno che accettabili).

Il primo brano dell’album è la maestosa Ebony Queen, che per un certo periodo aprì i concerti di Tyner. Il quartetto si presenta coeso e ben affiatato: Tyner grintosissimo, Fortune ispiratissimo, Mouzon fantasioso e Hill a “legare” il tutto con discrezione. Il Perigeo di Fasoli e Tommaso è sicuramente debitore nei confronti di questo brano.

Segue A Pray For My Family in cui Tyner si esibisce al piano senza alcun altro strumento d’accompagnamento. Il brano ricorda il percorso di un fiume, ora calmo e placido, ora impetuoso e gorgogliante.

In Valley Of Life il pianista americano imbraccia il koto, tradizionale strumento a corda giapponese, e dipinge, insieme al flauto di Fortune ed alle percussioni di Mouzon e Hill, un paesaggio sonoro quasi velato dalla nebbia mattutina.

Rebirth offre una straordinaria performance di Tyner il quale sembra avere venti dita impegnate sulla tastiera. il basso percussivo di Hill rimanda al sottofondo di certi film blaxploitation. Il sax alto di Fortune è incazzato al punto giusto. Il drumming di Mouzon è preciso anche se sembra andare per conto proprio.

La suite Sahara chiude l’album. Gli strumenti si inseguono per oltre 23 minuti in una fantasmagoria di suoni straordinaria. Ogni musicista si cimenta con strumenti che non sono i suoi; Tyner al flauto ed alle percussioni, Hill alle percussioni e Mouzon alla tromba.

Be’, la frase potrà sembrare retorica e banale ma Sahara è un album imprescindibile che dovrebbe essere presente in ogni collezione che si rispetti.

Buon ascolto.

domenica 22 aprile 2012

Galettes Bretonnes à ma façon



Ingredienti (dose per 2 galettes) : farina di grano saraceno 60 gr., latte intero 170 gr., 1 uovo intero, burro 10 gr., insalata valeriana q.b., salmone affumicato 200 gr., robiola 100 gr., erba cipollina q.b., olio evo q.b., pepe q.b..

Preparazione : mettere nel mixer la farina, il latte, l’uovo, un cucchiaio d’olio evo, una presa di sale e frullare fino a ottenere un composto molto fluido che dovrà essere messo in frigorifero a riposare per mezz’ora.
In una padella per crêpes fare sciogliere il burro, versare metà del composto dopo averlo ben mescolato e attendere che si rassodi, quindi girare la galette come fosse una frittata e portare a cottura.
Porre la galette su un piatto e ricoprirla con l’insalata, poi con il salmone, l’erba cipollina, la robiola a piccoli pezzettini, un filo d’olio evo e una macinata di pepe.


Buon appetito.

sabato 21 aprile 2012

Killing Joke @ Live Music Club, Trezzo sull'Adda



Visti ieri sera al Live Music Club di Trezzo sull'Adda, mia prima uscita serale dopo 256 giorni...

Gran bel concerto: intenso e breve (un'ora e un quarto bis inclusi) come si conviene alla band che si è presentata nella formazione originale con l'aggiunta di un mini tastierista, un tappetto tatuato che se non c'era era lo stesso.

Coleman fa il suo ingresso sul palco in tuta mimetica e con i capelli tinti di un'imbarazzante color nero liquirizia ma rimane il grande performer che era già trent'anni fa, anzi è ulteriormente migliorato.
Il resto della band produce un costante e granitico muro sonoro che inizia da Requiem, brano d'apertura, passando per Pandemonium, fino ad approdare alla sempiterna War Dance.

Peccato che il pubblico non fosse numerosissimo.

Aloha.

venerdì 20 aprile 2012

Sformato di broccoli


Ingredienti (per uno stampo da plumcake da 1 lt.): broccoli cotti a vapore 600 gr., parmigiano reggiano 100 gr., emmenthal 50 gr., pancetta affumicata 70 gr., 2 uova intere, 2 scalogni, besciamella molto soda 300 gr., sale e pepe q.b.

Preparazione: frullare nel mixer la pancetta e gli scalogni fino a ottenere una crema. Aggiungere i broccoli e le uova e frullare fino a ottenere un composto omogeneo, quindi metterlo in una bastardella e aggiungere il parmigiano reggiano, l’emmenthal e la besciamella (non quella industriale). Mescolare fino a ottenere un composto bene amalgamato e abbastanza sodo. Aggiustare di sale e pepe.
Imburrare un stampo da plumcake e versarvi la crema, quindi infornare a 180° per circa un’ora dopodiché fare la prova cottura con uno stecco di legno. Se dovesse risultare ancora umido infornare per un altro po’.
Una volta cotto lasciare intiepidire lo sformato per 10 minuti quindi sformarlo e lasciarlo raffreddare su una gratella prima di tagliarlo a fette e servirlo.

E'possibile farne anche una versione vegetariana, basta sostituire alla pancetta la stessa quantità di provola o scamorza affumicata.
E' inoltre possibile cuocerlo in stampi mono porzione come nella foto.

Buon appetito.

martedì 17 aprile 2012

Joao Donato - DonatoDeodato


“Ci sono alcuni album dal catalogo Muse che hanno una bizzarra schiera di cultori. Questo è uno di quelli. Abbiamo sempre ricevuto telefonate, lettere ed e-mail nelle quali ci chiedevano, quasi mendicando, la sua pubblicazione. Ad essere onesti, Joao Donato non era tra le nostre priorità. Ci sono dozzine di titoli Muse che avrei voluto pubblicare prima di titoli così particolari”. Joel Dorn (Curatore della 32jazz).

Tutto cominciò in una chiesa di Washington D.C. nel 1963, sotto l’egida del lungimirante produttore Creed Taylor, quando Stan Getz e Charlie Byrd diedero vita a quel capolavoro che porta il titolo di “Desafinado”.
L’interesse delle case discografiche statunitensi verso la bossa nova ed il successo che ne conseguì stimolarono alcuni dei migliori musicisti brasiliani ad andare negli Stati Uniti dove le probabilità di successo e di guadagno erano ben maggiori.
Della prima “Brazilian invasion” facevano parte, oltre a Donato, anche musicisti del calibro di Baden Powell (chitarrista e compositore che collaborò proficuamente con Vinicius De Moraes scrivendo a quattro mani alcune tra le più belle e famose canzoni brasiliane degli anni ’60: una su tutte “Samba de bençao”), di Sergio Mendes (specializzato nell’interpretare successi internazionali altrui da “Mas que nada” di Jorge Ben a “With a little help from my friends” di John Lennon e Paul McCartney, da “Night and day” di Cole Porter a “Girl from Ipanema” della premiata ditta Jobim/De Moraes) e di Dom Um Romao (batterista e percussionista che suonerà con i maggiori jazzisti e farà parte dei Weather Report di Joe Zawinul e Wayne Sorter).
Tutti furono accolti con molto entusiasmo dalla scena jazz statunitense ma i sontuosi contratti con le case discografiche non si concretizzavano ed anche le richieste per concerti scarseggiavano per cui molti talenti brasiliani pensarono di trattenersi negli States giusto il tempo di raggranellare un po’ di dollari e di tornarsene velocemente in Brasile.
Donato, in quegli anni, fu molto prolifico e dimostrò un talento fuori dal comune ma, purtroppo, non fu toccato dal successo commerciale. Nel 1965 fu uno degli artefici della bellissima “Agua de beber” insieme ad Astrud Gilberto ed Antonio Carlos Jobim con la produzione del tentacolare e diabolico Creed Taylor.
Anche Eumir Deodato partì alla volta di New York dove venne subito notato dall’onnipresente scopritore di talenti Creed Taylor, il quale lo mise immediatamente sotto contratto e gli fece registrare una versione jazz di “Also sprach Zarathustra” che sarebbe diventato un successo planetario.

Joao Donato ed Eumir Deodato si conobbero a New York  e decisero di dare vita ad un progetto insieme ma Donato aveva necessità di tornare velocemente in Brasile ed aveva un’impellente bisogno di soldi. Stabilirono quindi che Donato sarebbe entrato in studio di registrazione e avrebbe improvvisato, al resto avrebbe pensato Deodato. Joao scelse anche i musicisti, brasiliani e statunitensi, che avrebbero suonato in ogni singolo brano ma l’album porterà l’inconfondibile marchio di Deodato.
Il risultato finale fu un gustoso cocktail di ritmi brasiliani, jazz, musica latino-americana, funky ed una spruzzatina di rock.

Apre l’album “Whistle stop” la chitarra funky di Bob Rose ed il fischietto di Romeo Penque conducono la danza; il tappeto ritmico della batteria di Allan Schwartzberg e dalle percussioni di Ray Barretto e Airto Moreira è l’ideale per l’assolo di Donato.
“Where is J.D.?”, “Capricorn” e “You can go” sono tre ruffianissimi brani in puro stile “Hollywood party”. Sembra di vederli, i musicisti, impeccabili nei loro candidi smoking, suonare ai bordi della piscina della villa del grasso produttore cinematografico di turno che ha organizzato il party per presentare il suo nuovo, pessimo film e la starlette protagonista. Batteria, fiati, piano elettrico, ogni cosa è perfettamente al proprio posto.
“Nightripper” ci rimanda all’assolata estate californiana, ai saliscendi delle strade di San Francisco, alla fumante 44 Magnum dell’ispettore Callaghan. Bene in evidenza sono la chitarra di Bob Rose, la tromba di Randy Brecker, il trombone di Michael Gibson e l’armonica di Mauricio Einhorn che si intrecciano in sudati assolo.
Chiude l’album “Batuque”, il brano che più di ogni altro risente dell’influenza e degli arrangiamenti di Eumir Deodato: chitarra con wha-wha e delicato, quanto sincopato, assolo di piano elettrico.

L’unica pecca dell’edizione cd di “Donato/Deodato” è la nuova copertina: banale, che non riproduce quella del vinile dell’epoca ma ricorda solo due uova strapazzate.

Buon ascolto.

venerdì 13 aprile 2012

Risotto con gorgonzola e crema di peperoni



Ingredienti per 4 persone : riso carnaroli 400gr., 1 peperone rosso, 1 peperone giallo, gorgonzola dolce 100gr., burro 60gr., olio evo 4 cucchiai da tavola, brodo vegetale 1,3 lt. circa, una foglia d’alloro, un pizzico di maggiorana, parmigiano reggiano grattugiato 4 cucchiai da tavola, sale e pepe nero q.b.

Preparazione : lavare, mondare, fare a tocchetti i peperoni, quindi farli cuocere a fuoco vivo con 2 cucchiai d’olio e la foglia d’alloro per circa 15 minuti poi frullarli dopo avere tolto l’alloro. Passare la crema a un colino con le maglie strette in modo da separare i residui delle bucce. Tenere da parte la crema ottenuta.
In una casseruola fare sciogliere 30gr. di burro e due cucchiai d’olio e tostare il riso quindi iniziare ad aggiungere un paio di ramaioli di brodo. Proseguire la cottura aggiungendo un po’ di brodo alla volta.
A ¾ della cottura aggiungere un po’ di salsa di peperoni, è difficile dare una quantità precisa ma la salsa deve avvolgere il riso senza annegarlo.
A fine cottura aggiungere 30gr. di burro freddissimo, il gorgonzola tagliato a tocchetti, il parmigiano, la maggiorana, un’abbondante macinata di pepe e amalgamare il tutto. Eventualmente aggiustate di sale.
Fare riposare coperto per un paio di minuti e poi servire nei piatti con una piccola quenelle di gorgonzola come decorazione.
Se dopo il riposo il risotto non dovesse risultare abbastanza morbido aggiungere pochissimo brodo bollente.

Buon appetito.

giovedì 12 aprile 2012

Marquee Moon, il libro



L’autore di “Marquee Moon”, Bryan Waterman, insegna letteratura e cultura americane all’Università di New York e, per sua stessa ammissione, il suo approccio all’argomento non è quello del classico giornalista rock che bada più al pettegolezzo sensazionalistico che alla sostanza ma quello dello studioso che analizza uno dei quattro dischi più importanti (insieme a Horses di Patti Smith, The Modern Dance dei Pere Ubu e Blank Generation di Richard Hell & The Voidoids) della scena punk americana attraverso la sua contestualizzazione e storicizzazione. Almeno questo è ciò che promette l’autore.

Il libro, pubblicato nella collana “33 1/3" dai tipi della Continuum, si sviluppa per 222 pagine suddivise in un’introduzione, sette capitoli, una post-fazione e una bibliografia.
La ciccia, però, arriva solo a pagina 163 quando Waterman inizia ad analizzare l’album brano per brano, sia filologicamente che musicalmente ma è un’analisi abbastanza superficiale e non molto convincente.
Le 162 pagine precedenti sono una sorta di lunghissima introduzione in cui vengono soprattutto tessute le lodi sull’importanza che il CBGB ebbe nella scena newyorkese e i numerosi artisti che accampano i propri diritti sull’averlo reso famoso, dai Ramones a Wayne/Jayne County allo stesso Richard Hell. L’unico a fregarsene di tale paternità, vera o presunta, è proprio Tom Verlaine: “Per me è stato solo un club dove abbiamo suonato per tre anni”.
Buona parte di questa mega introduzione riporta avvenimenti già citati in altri libri, articoli, interviste e l’autore mette tutto in ordine, o almeno ci prova anche se con qualche svarione e troppe ripetizioni.
Si viene quindi più volte edotti circa la fortissima competizione tra Tom Verlaine e Richard Hell, dualismo che porterà quest’ultimo  a lasciare la band ancora prima della registrazione del primo famoso e famigerato demo con Brian Eno.
Si viene a sapere quanto al Max’s Kansas City si mangiasse male a prezzi esorbitanti ma tutta la scena, o sedicente tale, ci andava per vedere ma soprattutto per farsi vedere.
Si viene portati a conoscenza della profonda antipatia di Tom Verlaine verso Lester Bangs, il primo infantilmente pieno di sé, il secondo tragicamente pieno di droga.
Verrà anche raccontata la storia della foto di gruppo utilizzata per la copertina di “Marquee Moon”, il risultato di una stampa malriuscita fatta eseguire da Richard Lloyd in una copisteria vicino a Times Square.
Insomma nulla che non fosse già noto.

Marquee Moon è un libro adatto per chi poco o nulla conosce sia della scena che dei Television stessi, un libro per neofiti i quali avranno la possibilità di leggere un testo la cui funzione principale è quella di fornire un quadro abbastanza esaustivo circa il bouillon de culture in cui è stato concepito ed è nato uno dei più importanti album rock di sempre.

Buona lettura.

mercoledì 11 aprile 2012

Fela: questa bastarda di una vita


“Dopo ben tre anni di attesa, mia madre e mio padre volevano proprio un bambino. Ma non era me che volevano, no, no! ne volevano uno qualsiasi del cazzo. Uno di quei tipi miti, tranquilli, hai presente? Beneducato. Sì padrone qui, sì padrone là. Non volevano mica un figlio di puttana come me!” Se questo è l’incipit, mi sono detto, ce ne saranno da leggere delle belle! E così, per fortuna, è stato.
Il libro si legge tutto d’un fiato e scorre come un fiume in piena, tale e quale la vita del suo protagonista, merito anche di uno stile molto diretto e colloquiale che mette il lettore subito a proprio agio.
Peccato che si siano dovuti aspettare ben 31 anni per poterlo leggere in italiano, fortunatamente in un’ottima traduzione che è riuscita a mantenere lo spirito dell’autore.
Le oltre 300 pagine di “Fela: questa bastarda di una vita” sono il risultato di oltre 15 ore d’interviste rilasciate da Fela Kuti al cubano Carlos Moore per quella che è stata la prima biografia scritta su un musicista africano.
Nel corso degli anni il musicista/attivista nigeriano è stato descritto come una sorta di satiro omofobo e machista (a causa del suo rapporto molto disinvolto con il sesso e le ben 27 mogli sposate tutte insieme in una movimentata cerimonia), un delinquente politicizzato (la sua comune, “Kalakuta Republic”, fu sempre una spina nel culo del corrotto e sanguinario regime nigeriano), un trafficante di droga (ma Kuti era solo un consumatore a livello industriale di marijuana).
Dalle pagine della sua biografia ne esce invece un uomo carismatico, molto motivato e determinato; per quanto riguarda il musicista, be’ basta leggere i suoi durissimi testi e ascoltare i suoi incendiari assolo.
Interessantissima la parte in cui racconta i 10 mesi trascorsi negli Stati Uniti d’America nel 1969 e la frequentazione con l’attivista delle Pantere Nere Sandra Smith che lo africanizzò e sostanzialmente cambiò il suo approccio sia con la musica che con il sociale.
Altro capitolo fondamentale quello dedicato alle sue 15 mogli (tante ne aveva all’epoca delle interviste) ognuna di esse con un sottocapitolo dedicato e relativa intervista. Anche da queste pagine esce un uomo con tantissime contraddizioni ma sostanzialmente una persona molto autentica e spontanea.
A intervallare i vari capitoli sono presenti brevi ma molto esaustive analisi dei testi, quasi tutti cantati in pidgin english (l’idioma che si sviluppò nei paesi africani che subirono un lungo periodo di colonizzazione e che è il mix tra le lingue indigene già esistenti e l’inglese, lingua ufficiale) e che nel tempo si fecero sempre più aggressivi, a volte anche violenti, verso il regime nigeriano ma anche contro gli altri regimi africani.
In questi brevi excursus viene analizzata anche la sua evoluzione musicale e stilistica che partì dal highlife, genere molto in voga nell’Africa degli anni ’60, per arrivare alla creazione dell’Afrobeat, lo stile che lo caratterizzò e che è un sapiente e geniale ibrido tra funk, jazz, salsa, calypso, juju, highlife e ritmi percussivi africani, che ancora oggi influenza buona parte della musica africana e non solo.
Sicuramente un libro che vale tutti i 22,00 €uro del prezzo di copertina e che conviene acquistare.

Buona lettura.