Il vero fascismo non è prendere a manganellate chi la pensa diversamente. Il vero fascismo è la normanità dell'odio; tanto normale da non sembrare nemmeno più odio ma solo un'opinione come un'altra. In questo l'Italia è rimasta un paese fascista.


lunedì 18 febbraio 2013

Polenta ai 4 formaggi


Il pranzo di oggi: rapido, gustoso ed economico. What else?

Ingredienti : polenta, gorgonzola, scamorza affumicata, brie e parmigiano reggiano.

Preparazione : mi fido della vostra perspicacia, ce la potete fare.

Buon appetito.

domenica 10 febbraio 2013

Dubbi amletici



Che musica ascoltare durante la giornata mentre si espletano le proprie attività??

Anche se può sembrare banale,  per me è un esercizio abbastanza complesso e sono addivenuto alla convinzione che la scelta di un sottofondo sonoro adeguato può diventare molto impegnativa…
Personalmente non riesco a fare nulla, o quasi, senza un tappeto sonoro che mi accompagni nell’attività del momento. A volte penso di sprofondare nella maniacalità… anzi sono decisamente un maniaco, in questo. Ancora adesso, con oltre quarant’anni di ascolto musicale nelle orecchie, scegliere la musica per una determinata attività, a volte, mi occupa molto tempo.
 
Non solo scelgo la musica in base a quello che sto facendo ma anche in base al momento della giornata e al periodo dell’anno.
D’estate non riesco ad ascoltare la musica celtica che invece prediligo nelle serate autunnali e invernali.
Di giorno non sopporto il jazz altro must serale e notturno.
Quando intruglio in cucina mi piace ascoltare rock, quello dei Tool, dei Rage Against The Machine, di Steve Vai, di Joe Satriani tanto per citare qualche nome.
Il sottofondo musicale quando leggo è quello più complicato di tutti da scegliere. Se leggo d’attualità posso ascoltare anche R&B, funky, fusion, cose abbastanza leggere. Per la lettura dei libri la faccenda si complica ulteriormente. In questi giorni sto leggendo “La crociata di Himmler” un saggio sulla spedizione nazista in Tibet nel 1938; bene, la colonna sonora alla mia lettura è “Freedom Chants From The Roof Of The World” dei Gyuto Monks. Sembrerà una stupidaggine ma l’ascolto dei canti tibetani riesce a ricondurmi in maniera molto vivida nei luoghi descritti nel libro riportandomi alla mente anche altri suoni, colori, rumori, odori, volti, puzze…
L’attività al computer, scrivere e/o cazzeggiare, è generalmente supportata da musica strumentale, preferibilmente elettronica, space rock, neo psichedelica, chamber pop, neo folk; qui spazio dagli Om ai Wooden Shjips, dai Goat ai White Manna, da Kaki King ai Dead Can Dance; lo spettro è veramente molto ampio.
Quando andavo in palestra era il tamarrock a farla da padrone! Avevo messo a punto una playlist per l’iPod che comprendeva ZZ Top, Billy Idol, Lynyrd Skynyrd, The Cult, Molly Hatchet e tutto il rock più fracassone e ritmato a disposizione.
Per tutte le altre attività spazio dalla musica africana di Fela Kuti all’easy leastening di Donald Fagen, dalla barocca di Pachelbel alle follie zappiane, dall’etnica dei Tenores di Bitti al punk di Johnny Thunders, e via discorrendo.
C’è solo una cosa che non riesco a fare con un sottofondo musicale perché la musica mi deconcentra ma voi, persone acute, avrete già sicuramente capito di che attività si tratta…
 
Aloha.
 
p.s.: il tappeto sonoro a queste mie poche righe è stato Orchard di Minotaur Shock, moniker David Edwards musicante di Bristol.

domenica 3 febbraio 2013

Brandacujun

Il brandacujun è un piatto tipico del ponente ligure, Oneglia e Sanremo se ne disputano l’origine, dal nome a dir poco curioso e dalla derivazione incerta. Qualcuno dice branda cujon, qualcun altro brand de cujun, altri ancora brandà a cujun; ma mentre sul significato letterale di cujun non ci sono dubbi e sono tutti d’accordo, le dispute si accendono sul termine branda; qualcuno lo fa derivare dal provenzale brandar, brandesà in onegliese sbattere, perché appena cucinato e quindi bollente andava scosso manualmente fra due pentole di coccio col manico per amalgamarlo bene, e veniva affidata ad un commensale con l’ordine: “Branda cujun, che ciu ti u brandi ciu è bun” (Agitalo... stupidotto, che più lo agiti e più è buono).
Alcuni vecchi naviganti sostengono, invece, che branda ha il significato di “schiaccia”; Gian Luigi Beccaria, celebre linguista, sostiene che branda potrebbe derivare dal termine piemontese brand, “acquavite”, assumendo in questo caso il più vasto significato di “scaldare”.
Le ultime due tesi sono molto suggestive perché gli ingredienti di questo piatto, tipico della cucina di bordo, dovevano essere messi tutti in un mortaio per essere pestati; il mortaio andava posto tra le gambe per tenerlo fermo, perciò si pestava quello che c’era nel mortaio e anche quello che ci stava sotto, “scaldandolo”.
 
 
Ingredienti (per 4 persone) : stoccafisso bagnato 600gr., 1 spicchio d’aglio, prezzemolo fresco tritato 1 cucchiaio da tavola, basilico fresco tritato 1 cucchiaino da caffè, patate 400gr., cipolla media (150gr. circa), ½ bicchiere d’olio extravergine, il succo di un limone, 2 uova sode, pinoli 30gr., olive taggiasche 50gr., sale e pepe.
 
Preparazione : Bollire lo stoccafisso, le patate e la cipolla. Tritare il prezzemolo, il basilico e l’aglio (al quale andrà prima tolta l’anima), aggiungendo l’olio e il succo del limone; mescolare tutto molto bene. Snocciolare le olive e tagliarle a pezzetti. Tostare leggermente i pinoli in un tegame. Scolare lo stoccafisso e pestarlo grossolanamente in un mortaio; porlo in una pentola di coccio insieme alle patate e alla cipolla tagliate a fette. Versarvi sopra l’emulsione di olio, prezzemolo, limone e aglio aggiungendo le olive sminuzzate, le uova sode sminuzzate ed i pinoli tostati. Aggiustare di sale, se occorre, e pepe. Mettere il coperchio alla pentola, tenere ambedue ben fermi con le mani e scuotere energicamente per amalgamare bene gli ingredienti.
 
Servirlo tiepido accompagnandolo con del buon pigato.
 
Buon appetito.