Il vero fascismo non è prendere a manganellate chi la pensa diversamente. Il vero fascismo è la normanità dell'odio; tanto normale da non sembrare nemmeno più odio ma solo un'opinione come un'altra. In questo l'Italia è rimasta un paese fascista.


sabato 9 luglio 2011

Lou Reed @ Arena Civica, Milano



Ho visto Lou Reed in concerto una sola volta, era il 15 febbraio 1975 al Palalido.
Vestito di nero, biondissimo e drogatissimo ebbe solo il tempo di eseguire “Sweet Jane” poi una trentina di stronzi sommersero il palco di sanpietrini e bottiglie.
In Italia non venne a suonare più nessuno per alcuni anni.

Capisco che dopo 45 anni di attività possa venire a noia eseguire sempre gli stessi brani ma eliminare dal proprio repertorio “Walk on the wildside”, “Vicious”, “I’m waiting for the man”, “Heroin”, solo per citare le prime quattro canzoni che mi vengono in mente e che sono i pezzi che lo hanno reso famoso, è stata una scelta veramente infelice.
Un po’ come se Patti Smith non eseguisse più in concerto “Because the night”, “People have the power”, “Gloria”… o gli Stones decidessero di non proporre più “(I can’t get no) Satisfaction”, “Brown sugar”, “Sympathy for the devil”…

Il concerto si è trascinato tra alti e bassi, pochi i primi di più i secondi.
Dall’imbarazzante esordio con la velvetiana “Who loves the sun” a un’eccellente versione di “Ecstasy”, da una vibrante “Femme fatale” alla caotica “The bells” per finire con un’altrettanto imbarazzante esecuzione di “Pale blue eyes” che ha chiuso un concerto che è andato a spegnersi come una candelina canzone dopo canzone.
Vocalmente sotto tono, Reed è apparso come una persona sofferente, svogliata e con evidenti problemi di deambulazione ma che da professionista ha onorato alla meglio l’impegno preso.
La band, tra cui gli ottimi Tony “Thunder” Smith dietro ai tamburi a dirigere le operazioni, Sarth Calhoun a tessere i tappeti sonori e Tony Diodore alla chitarra ma soprattutto al violino, ha eseguito il compitino senza sbavature.
Il pubblico, numerosissimo, ha però gradito l’esibizione, a Lou Reed si può perdonare questo e altro.

Aloha.

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