Ormai in overdose da esordienti di dubbia vaglia (Anna Calvi con il suo magniloquente e sovrastimato album omonimo), da cantautrici che mi causano solo una potente narcolessia (Marissa Nadler con la sua quinta fatica discografica) e da vecchie glorie che non vogliono mollare (i Gang of Four con l'imbarazzante “Content”) ho atteso e accolto con trepidante piacere “West” il nuovo album dei Wooden Shjips.
La band di San Francisco non scopre nulla di nuovo ma cita e miscela con stile la psichedelica dei 13th Floor Elevator (Lazy Bones), il teutonico kraut-rock dei NEU! (Crossing), l’ossessività dei Black Sabbath (Black Smoke Rise), le atmosfere ipnotiche degli Spaceman 3 e dei Suicide (Flight).
Il suono, rispetto ai precedenti dischi, risulta meno lo-fi ma non per questo meno piacevole e inquietante, forse merito della nuova casa discografica, la Thrill Jokey, che ha messo a disposizione del quartetto un vero studio di registrazione.
La semplice e lineare costruzione dei brani è come sempre caratterizzata dalla chitarra satura e dalla voce filtrata di Ripley Johnson, dal groove ipnotico del basso di Dusty Jermier, dalle sonorità spaziali del Hammond di Nash Whalen e dal drumming minimale di Omar Ahsanuddin.
Aloha.
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