Il vero fascismo non è prendere a manganellate chi la pensa diversamente. Il vero fascismo è la normanità dell'odio; tanto normale da non sembrare nemmeno più odio ma solo un'opinione come un'altra. In questo l'Italia è rimasta un paese fascista.


sabato 6 agosto 2011

Auf wiedersehen Herr Schnitzler...

Conrad Schnitzler
(Düsseldorf, 1937 – Düsseldorf, 2011)


R.i.p.

Pasta, patate e cozze


Pasta, patate e cozze
Ingredienti (per 4 persone): pasta corta (le “Mafalde” Garofalo sono perfette) 300 gr., cozze 2 kg., patate 350 gr., 1 scalogno, 1 rametto di rosmarino, 1 peperoncino,  triplo concentrato di pomodoro 1 cucchiaio da tavola, olio evo 4 cucchiai da tavola, sale e pepe q.b..

Preparazione: pulire bene le cozze e farle aprire con lo scalogno tagliato a pezzetti  in una pentola. Filtrare l’acqua delle cozze e tenerla da parte. Togliere le cozze dai gusci ma lasciarne qualcuna integra da usare come guarnizione e tenerle in caldo in una ciotola.

In una pentola, possibilmente di coccio, fate scaldare l’olio con il rosmarino e il peperoncino. Inserire le patate, precedentemente sbucciate e tagliate a cubetti di circa 1cm per lato, e fatele rosolare per circa 5 minuti.
Rimuovere il rosmarino e il peperoncino, aggiungere la pasta, mescolare bene quindi coprire con l’acqua delle cozze e altra acqua bollente, il liquido deve essere a filo della pasta.
Aggiungere il doppio concentrato di pomodoro, mescolare bene, coprire con un coperchio, mescolare spesso e portare a cottura.
Quando mancano un paio di minuti alla cottura della pasta inserire le cozze, aggiustare di sale e pepe, spegnere la fiamma, lasciare riposare coperta per due minuti e poi servire nei piatti guarnendo con le cozze tenute da parte e un filo d’olio evo.
Buon appetito.

domenica 24 luglio 2011

Bye, bye Amy

Amy Jade Winehouse
(Londra, 14 settembre 1983 - Londra, 23 luglio 2011)

r.i.p.

venerdì 22 luglio 2011

Joan As Policewoman @ Villa Arconati, Bollate



Per la seconda volta in due anni Joan Wasser si è esibita nella suggestiva e decadente cornice di Villa Arconati in quel di Castellazzo di Bollate.
Purtroppo anche questa volta la grintosa musicista del Maine, ma newyorkese d’adozione, ha dovuto fare da spalla a un altro artista: nel 2009 alla overrated e insulsa Regina Spektor, quest’anno a Lyle Lovett, spacciatore texano di country da supermercato (le numerose defezioni del pubblico durante la sua esibizione mi hanno riempito di perversa soddisfazione).

Sorridente e inguainata in una tuta argento che riproduce le squame di un serpente, Joan si è presentata puntuale sul palco insieme al fido Parker Kindred ai tamburi e Tyler Wood al moog bass e tastiere.
Purtroppo la stringata ora di concerto (non ci sarà nemmeno un bis) le ha consentito di eseguire solo parzialmente il suo abituale repertorio ma la sempiterna “Save me” (che da sola vale sempre il prezzo del biglietto) non è mancata come non sono mancate “Flash”, eseguita in una versione particolarmente onirica e con sperimentazioni vocali mai ascoltate, la funkeggiante “The Magic”, l’oscura e sulfurea “Run for love” che avrebbe fatto inorgoglire anche Isaac Hayes, la raffinata “Kiss the specifics” e la rilassata “Human condition”.

Concerto minimale e d’atmosfera molto space-oriented con marcate influenze funk psichedeliche (Funkadelic) completato dalla grande capacità d’interazione con il pubblico e dall’innata simpatia.
Ho visto Joan parecchie volte in concerto e non l’ho mai sentita eseguire due volte lo stesso brano con lo stesso arrangiamento, il paragone potrà sembrare azzardato ma mi ha ricordato Bob Dylan.
Mi piacerebbe che il prossimo tour la vedesse sul palco con una formazione un po’ più corposa: un contrabbasso e un sassofono sarebbero perfetti.

La mia gamba destra immobilizzata purtroppo non mi permetterà di poter assistere al concerto di martedì prossimo a Sestri Levante, dove festeggerà il suo compleanno sul palco…

Aloha.

sabato 16 luglio 2011

La femme d'argent



Una prefazione che inizia con : “Non è rimasto nessun diario, non si sono trovate lettere che possano aiutarci a conoscere meglio questo spirito inafferrabile” non è certo il miglior viatico per stimolare la lettura di un libro ma la malia che da un paio d’anni esercita su di me la figura di questa donna fuori come un balcone non mi ha fatto tenere conto del velato monito e ho proseguito nella lettura della biografia scritta a quattro mani da Scot D.Ryersson e Michael Orlando Yaccarino intitolata “Infinita varietà (Vita e leggenda della Marchesa Casati)” e pubblicata dall’editore Corbaccio.

Ai due autori va almeno riconosciuto il merito di avere pazientemente scandagliato ogni libro e biografia (perfino quella di un parrucchiere, sic!) in cui viene citata la marchesa e avere assemblato una sorta di Bignami su questo stravagante personaggio che imperversò con i suoi balli faraonici nei primi trent’anni del ‘900.
Purtroppo la scarsità di fonti dirette riduce il libro a una lunga serie di “non è certo improbabile che …”, “anche se non ci sono prove che …”, “non esiste prova anche se è stato detto che …”, “non ci è dato conoscere ma …”, “stando ai pettegolezzi di …”, “se sia vero o no non è mai stato provato che …” più degna di un servizio estivo di “Chi” che di una biografia.

A farmi nascere questa curiosità verso Luisa Casati nata Amman (1881-1957) è stato il suo ritratto, dipinto nel 1908 dal pittore ferrarese Giovanni Boldini, in cui è vestita di nero e viola insieme a uno dei suoi levrieri.

L’impressione che, comunque, si ricava dalla lettura delle 280 pagine del libro è quella di una donna dotata di grande fascino e di una bellezza non canonica ma capricciosa, al limite della prepotenza (l’episodio dell’occupazione abusiva della villa caprese di Axel Munthe ha dell’incredibile), tutto sommato poco serena alla quale la smisurata ricchezza ha fatto più male che bene; vittima della propria eccentricità che “è tollerabile soltanto all’inizio. Protratta a lungo, diventa insopportabilmente penosa nonché inquietante”, citando lo scrittore francese Maurice Druon.
A dimostrazione di quanto Luisa Casati fosse avulsa da qualsiasi cosa che non fosse il proprio ego c’è l’episodio di quando a Parigi diede di matto nella hall dell’Hotel Ritz perché nessuno rispondeva alle sue scampanellate e le serviva la colazione in camera: era appena scoppiata la Prima Guerra Mondiale.

Leggere dei suoi fantasiosi abiti mi ha subito fatto venire in mente “La femme d’argent” degli Air.

Aloha.

sabato 9 luglio 2011

Lou Reed @ Arena Civica, Milano



Ho visto Lou Reed in concerto una sola volta, era il 15 febbraio 1975 al Palalido.
Vestito di nero, biondissimo e drogatissimo ebbe solo il tempo di eseguire “Sweet Jane” poi una trentina di stronzi sommersero il palco di sanpietrini e bottiglie.
In Italia non venne a suonare più nessuno per alcuni anni.

Capisco che dopo 45 anni di attività possa venire a noia eseguire sempre gli stessi brani ma eliminare dal proprio repertorio “Walk on the wildside”, “Vicious”, “I’m waiting for the man”, “Heroin”, solo per citare le prime quattro canzoni che mi vengono in mente e che sono i pezzi che lo hanno reso famoso, è stata una scelta veramente infelice.
Un po’ come se Patti Smith non eseguisse più in concerto “Because the night”, “People have the power”, “Gloria”… o gli Stones decidessero di non proporre più “(I can’t get no) Satisfaction”, “Brown sugar”, “Sympathy for the devil”…

Il concerto si è trascinato tra alti e bassi, pochi i primi di più i secondi.
Dall’imbarazzante esordio con la velvetiana “Who loves the sun” a un’eccellente versione di “Ecstasy”, da una vibrante “Femme fatale” alla caotica “The bells” per finire con un’altrettanto imbarazzante esecuzione di “Pale blue eyes” che ha chiuso un concerto che è andato a spegnersi come una candelina canzone dopo canzone.
Vocalmente sotto tono, Reed è apparso come una persona sofferente, svogliata e con evidenti problemi di deambulazione ma che da professionista ha onorato alla meglio l’impegno preso.
La band, tra cui gli ottimi Tony “Thunder” Smith dietro ai tamburi a dirigere le operazioni, Sarth Calhoun a tessere i tappeti sonori e Tony Diodore alla chitarra ma soprattutto al violino, ha eseguito il compitino senza sbavature.
Il pubblico, numerosissimo, ha però gradito l’esibizione, a Lou Reed si può perdonare questo e altro.

Aloha.

venerdì 8 luglio 2011

Io sono il fottuto principe delle tenebre!


“Ehi, io sono il fottuto principe delle tenebre!”. Quando, tra il serio e il faceto e con la sua inconfondibile aria scoglionata, gliel’ho sentito esclamare diretto a un amico della figlia durante una puntata del suo reality ho iniziato a ridere come un pazzo e mi si è aperto un mondo.
Confesso di avere sempre considerato Ozzy Osbourne un coglionazzo mezzo ritardato ma, tra il reality e questa biografia, mi sono fortunatamente ricreduto anche se musicalmente continua a non essere la mia cup of tea preferita.

Studente sotto la mediocrità (ma i problemi di dislessia e di mancanza di capacità di concentrazione non se li è mica scelti lui), ladro più che maldestro (l’episodio del furto di un televisore è degno de “I soliti ignoti”), accordatore di clacson (una professione a me sconosciuta fino alla lettura del libro), assassino di mucche in un mattatoio e altre modeste attività, Ozzy è però sempre stato determinato a diventare il cantante di una rock band e per fortuna ci è riuscito.

Ozzy parla della sua squinternata vita da rock star con leggerezza, quasi con candore ma la cosa lascia il dubbio che il nostro ci marci anche un po’.
Alcuni degli aneddoti sono però veramente esilaranti come quello di quando gli era presa la mania di rasare le sopraciglia ai suoi ospiti mentre dormivano o quello del prete che lo andò a trovare a casa e si vide offrire una torta al hashish che lo cappottò per una settimana e gli fece credere che i marziani volevano organizzare una tombola nella sua parrocchia.
Ma la più folle di tutte fu quando, insieme all’anello di fidanzamento, rifilò alla futura moglie, quella santa donna di Sharon, un mazzo di fiori rubato in un cimitero con tanto di biglietto “In memoria del nostro amato Harry”. Rimediò un occhio nero e l’anello frullato fuori dalla finestra!
Il principe delle tenebre sa però essere anche toccante come quando racconta la tragedia aerea che vide coinvolto lui e tutto lo staff e in cui morirono il suo chitarrista Randy Rhoads, al quale è dedicato il libro, e la sua costumista.

“Io sono Ozzy” è corredato anche da una corposa parte iconografica con foto di scena ma anche con scatti presi in famiglia.

Tutto sommato un’autobiografia piacevole in cui Ozzy si racconta, con molta ironia, per quello che è: un buon diavolo con una tempra eccezionale che gli ha permesso di sopravvivere a decenni di devasto e raccontarci la sua vita di rock star sempre sull’orlo del baratro.

Aloha.

domenica 3 luglio 2011

Boldini e la Belle Epoque @ Villa Olmo, Como


Mi tolgo subito il sassolino dalla scarpa ed esordisco con quello che di questa esposizione, visitata ieri, mi ha deluso: non c’era esposto nemmeno un ritratto della Marchesa Luisa Casati.

Passiamo ora agli aspetti positivi che mi hanno dato piacere e gioia, in primis la location: Villa Olmo, residenza estiva dei marchesi Odescalchi realizzata, nel 1797, in stile neoclassico dall’architetto ticinese Simone Cantoni sulla riva ovest del lago di Como.
Sale, salotti, salottini, boudoir, il grande salone delle feste con tanto di balconata e addirittura un piccolo teatro con un centinaio di posti (all’epoca non c’era il cinema e i poveri marchesi s’arrangiavano come potevano …), perfettamente tenuti in tutta la loro opulenza fatta di stucchi, dorature, statue, affreschi, sono la perfetta cornice per le altrettanto seducenti opere di Giovanni Boldini e di alcuni suoi contemporanei italiani che hanno immortalato con le loro pennellate la Parigi, ma soprattutto le donne, della Belle Epoque.

Non ho le competenze per descrive da un punto di vista tecnico i quadri che ho visto, e anche se le avessi troverei la cosa di una noia mortale, mi limiterò, quindi, a segnalare quelli che mi hanno più colpito, interessato e anche emozionato.
La conturbante “Treccia bionda” del 1891, lo splendido profilo di “Alaide Banti con l’ombrellino” del 1885, il malizioso e intimo “La toilette” del 1880, la fatale e glamorous “Mademoiselle de Nemidoff” del 1908, la spensierata e virginale “Emiliana Concha de Ossa” giovanissima cilena ritratta nel 1901, la sofisticatissima e glaciale "Miss Rita Philip Lyding" ritratta nel 1911, la testimonianza della sfiancante vita delle dame della borghesia parigina di “Dopo il ballo” del 1884 e per finire la diafana e sensuale schiena de “La cantante mondana” effigiata nel proprio studio nel 1884.
Degli altri pittori presenti mi sono piaciute molto la semplicità della bellezza della “Fanciulla con fascio di fiori” del 1909 a opera di Federico Zandomeneghi e la modernità di “Sul molo di Venezia” dipinto da Ettore Tito nel 1900.

E dopo aver nutrito lo spirito non potevo certo trascurare il mio palato che è stato deliziato da un semplice ma sublime riso con pesce persico in quel di Varenna, giusto sull’altra sponda del lago.

Aloha.

venerdì 1 luglio 2011

Salute e industrial...


Soffro di claustrofobia e oggi ho fatto una risonanza magnetica alla schiena e al collo, è stata la prima e spero anche l’ultima.

Per 15 minuti sono rimasto infilato in un tubo dove, con il collo bloccato da un marchingegno che ricordava quelli che ti inchiodano al sedile dell’ottovolante, sono stato assordato da ogni tipo di clangore che mi sembrava di essere da Second Layer a Londra. A un certo punto si era creato un loop infernale che sembrava di avere i  Suicide che mi martellavano nelle orecchie “Rocket U.S.A.”

Ero sudato come un’anguria e avrei confessato anche l’omicidio di Giulio Cesare pur di uscire da lì… che esperienza allucinante!

Aloha.

mercoledì 29 giugno 2011

Bye, bye Wildman...

Larry "Wildman" Fischer
(Los Angeles, 6 novembre 1944 – Los Angeles, 16 giugno 2011)


R.i.p.

lunedì 27 giugno 2011

Man Ray @ Museo d'Arte, Lugano



Trasferta elvetica, ché a Milano le esposizioni di un certo livello scarseggiano ormai da parecchio tempo, venerdì 27 maggio per poter visitare l’esposizione che la città di Lugano ha deciso di dedicare alle opere di Man Ray, poliedrico artista statunitense di origini russe nato a Filadelfia, ospitate nella spartana e austera sede del Museo d’Arte.

Donne dagli sguardi intensi, dai lineamenti decisi e dai fisici quasi mascolini, insomma tipe “toste” quelle immortalate da Ray, come la marchesa Luisa Casati (già raffigurata da Giovanni Boldini nel 1908) fotografata nel 1922, Meret Oppenheim sua musa negli anni ‘30 ma soprattutto la conturbante e luciferina Juliet Browner: moglie e musa sposata nel 1946.
Molti anche gli amici che Ray immortalò: da Henri Matisse a Erik Satie, da Jean Cocteau a Pablo Picasso.

Propedeutico alla visita è stato un eccellente risotto con punte d’asparagi gustato presso l’ "Orologio", storico ristorante cittadino dal fantasioso nome...

Aloha.

venerdì 24 giugno 2011

giovedì 23 giugno 2011

Vita da punk...


“Trovarsi nel posto giusto al momento giusto e mandare tutto un po’ a culo” potrebbe essere il sottotitolo di “Oltre l’avenue D”.
L’autore è Philippe Marcadé, classe 1954, francese arrivato negli States diciassettenne, testimone oculare della nascita della scena punk newyorkese e fondatore dell’oscura blues band chiamata The Senders.

Il libro abbraccia il decennio 1972-1982 e racconta, attraverso gli occhi di chi li ha vissuti, splendori e miserie del punk rock nella Grande Mela, concerti epici in locali leggendari intrecciati con l’emarginazione, l’eroina e l’AIDS .
Mercadé ha conosciuto e ha suonato con i maggiori artisti dell’epoca come Johnny Thunders, Wayne Kramer, Debbie Harry, Dee Dee Ramone, Mink DeVille, Arthur “Killer” Kane e tantissimi altri artisti che infiammavano le serate al CBGB’s e al Max’s Kansas City e con alcuni di loro ha stretto anche forti e, troppo spesso, tossiche amicizie.

Purtroppo le 191 pagine del libro risultano un lungo elenco di fatti e aneddoti, a volte divertenti ma molto più spesso tragici, senza alcun barlume di analisi dell’epocale fenomeno di cui Marcadé è stato testimone oculare e in minima parte artefice.
Sembra quasi che l’autore si sia limitato a premere il tasto rewind della propria memoria e acriticamente abbia iniziato a scrivere i propri ricordi di reduce, di sopravvissuto.
La stessa prefazione di Legs McNeil più che illustrare i contenuti del libro è uno spottone, di cui nessuno sentiva il bisogno, per il proprio “Please, kill me” e l’introduzione di Debbie Harry è una striminzita mezza paginetta con il racconto di un episodio di cui si leggerà poi nelle pagine successive.

Nulla di nuovo sotto il sole e, purtroppo, un’altra occasione mancata.

Aloha

martedì 21 giugno 2011

Sogni strani...



Venerdì notte ho sognato di essere una supposta che era stata chiamata a compiere il proprio dovere.
Con fatica e difficoltà mi stavo facendo strada nel buio più completo quando qualcuno, con l’accento e la voce di Vittorio Feltri, pieno di presuntuosa arroganza, ha tuonato: “Scansati! E portami rispetto, tu non sai chi sono io!”.
Non ho risposto per le rime, come spesso mi capita di fare nella vita reale, anzi mi sono fatto cortesemente da parte perché, anche al buio, sapevo bene di essere di fronte solo a un gigantesco stronzo.

Aloha.

lunedì 30 maggio 2011

Milano torna radical-chic...



Basta con i completi gessati da agente Tecnocasa!
Basta con le cravatte regimental simil nobiltà anglosassone!
Basta con i volgari e inquinanti SUV!

Finalmente torneranno le Clarks  e i golf in cachemire (solo triplo filo, of course!) a bordo di ben più discrete ed eleganti Aston Martin…

Aloha!

sabato 28 maggio 2011

Bye bye, Gil

Gil Scott-Heron
(Chicago, 1 aprile 1949 – New York, 27 maggio 2011)

Suo il famosissimo “uno, dos… uno, dos, tres, quatro”, incipit di "The bottle” , campionato anche nei peggiori studi di registrazione di Caracas…

Io sono particolarmente affezionato a “B-movie” tratto da “Reflections” del 1981.

R.i.p.

domenica 8 maggio 2011

Risotto con asparagi e concerto, what else?


Risotto con asparagi
Ingredienti (per 4 persone) : riso carnaroli 400 gr., asparagi 1 kg., brodo vegetale 1,2 lt., parmigiano reggiano grattugiato 4 cucchiai da tavola, burro 60 gr., olio 1 cuchiaio da tavola, sale e pepe q.b.

Preparazione : lavare gli asparagi, eliminare la parte più coriacea vicino alle radici. Tagliare le punte e tenerle da parte. Tagliare il tronco degli asparagi a piccoli pezzetti e tenerli da parte. Fare sciogliere 30 gr. di burro in due tegami e quando sarà leggermente colorito inserire in uno le punte e nell’altro i pezzetti; salare, pepare e aggiungere poca acqua. Cuocere le punte al dente, circa 10 minuti, e tenerle da parte.
Portare a cottura gli asparagi a pezzetti finché saranno ben cotti 15/20 minuti quindi renderli una crema con un frullatore a immersione e tenerli da parte.
In una casseruola fare sciogliere 30gr. di burro e due cucchiai d’olio e tostare il riso quindi iniziare ad aggiungere un paio di ramaioli di brodo. Proseguire la cottura aggiungendo un po’ di brodo alla volta.
A ¾ della cottura aggiungere un po’ di crema di asparagi, è difficile dare una quantità precisa ma la crema deve avvolgere il riso senza annegarlo.
A fine cottura aggiungere il burro rimasto freddissimo, il parmigiano e amalgamare bene. Eventualmente aggiustate di sale.
Fare riposare coperto per un paio di minuti e poi servire nei piatti con le punte degli asparagi come decorazione.
Se dopo il riposo il risotto non dovesse risultare abbastanza morbido aggiungete pochissimo brodo caldo.

La qualità del risotto era inversamente proporzionale a quella della foto che così indegnamente lo raffigura.

Il Bitte è un circolo ARCI dall’atmosfera berlinese in via Watt (zona Navigli) ma fuori dalle rotte della pseudo-movida milanese palestrata e lampadata.
Sul palco i Peter Sellers & The Hollywood Party, storica band milanese della nouvelle vague neo psichedelica di fine anni ’80, alla loro terza apparizione live dopo uno iato di oltre vent’anni.
Il mio sarebbe ovviamente un parere di parte quindi non lo scriverò. Dirò solo che non c’è alcuna ombra di stantia nostalgia nell’esecuzione dei vecchi brani e che quello nuovo, “In the city”, è proprio bello, e questo mi basta.

Aloha.

p.s.:
Avviso ai musicanti: Pregasi di non togliere dalle future set list “Chaotic Shampoo & Strange Rock 'N' Roll”, please… eh…eh…eh…

domenica 1 maggio 2011

Matisse @ Museo di Santa Giulia, Brescia


Devo dire che, dopo la recente e cocente delusione provata per la visita a “Arcimboldo” presso il Palazzo Reale di Milano, ho affrontato “Matisse – la seduzione di Michelangelo” con molto scetticismo. Invece l’esposizione vista ieri a Brescia nella suggestiva struttura dell’antico monastero benedettino femminile che ora ospita il Museo di Santa Giulia è stata una delle più appaganti visitate quest’anno.

L’opera del poliedrico artista francese è ben rappresentata dalle oltre 180 opere esposte e che vanno dalla primitiva ma intensa statua in bronzo de “Il servo” del 1903 al meraviglioso arazzo “Polinesia, cielo” realizzato nel 1950, solo quattro anni prima della sua scomparsa a 85 anni.
Nel mezzo un turbinio di stili, tecniche e materiali a testimonianza dell’inesauribile desiderio di ricerca di Matisse.
Numerose le litografie, tra cui spiccano “Nudo seduto con braccia distese” del 1925 e “Grande maschera” del 1944.
Altrettanto presenti i bronzi come “La Serpentina” del 1909 e “Nudo disteso” del 1927, uno dei temi più ricorrenti.
Semplicemente commoventi le due grandi stampe su lino “Oceania, mare” e “Oceania, cielo” del 1946.
La conturbante ed evocativa serie dedicata alle odalische, dipinte nella prima metà degli anni ‘20 dopo alcuni viaggi in Tunisia e Marocco.
I gouache che tanto hanno reso famoso Matisse ma che non sono tra le mie opere preferite.
Un’interessante quanto unica vetrata realizzata in vetro trasparente colorato e smerigliato legato con il piombo.

Un’esposizione che vale assolutamente il viaggio a Brescia.

E a coronamento di questa soddisfacente visita un gustoso pranzo in quel di Erbusco…

giovedì 28 aprile 2011

Bye bye, Poly

Mary Joan Elliott Said a.k.a. Poly Styrene
(Bromley, 3 luglio 1957 – Sussex, 25 aprile 2011)

R.i.p.

venerdì 22 aprile 2011

Giovedì gnocchi


Un buon piatto in ottima compagnia.

Gnocchi alla sorrentina
Ingredienti (per 4 persone) : gnocchi di patate 1 kg., pomodori da sugo (perini o ramati) 700 gr., mozzarella fior di latte 250 gr., parmigiano reggiano grattugiato 4 cucchiai da tavola, uno scalogno tritato, basilico 20 foglie, olio evo e sale q.b.

Preparazione : Immergere in acqua bollente i pomodori per circa 15 secondi ciascuno. Sbucciarli, togliere i semi e frullarli grossolanamente.
In un tegame soffriggere lo scalogno, aggiungere i pomodori e il basilico. Salare e cuocere a fuoco moderato per circa 20 minuti. La salsa è pronta.
Preriscaldare il forno a 200 °C.
Cuocere gli gnocchi in abbondante acqua salata e scolarli quando saranno tornati a galla. Condirli in una zuppiera con metà della salsa quindi porli nelle pirofile monoporzione.
Distribuire la salsa rimasta e la mozzarella tagliata a cubetti sui gnocchi, quindi spolverare con il parmigiano.
Infornare e azionare il grill finché non si sarà formata una sottile crosticina dorata.
Attendere qualche minuto e servire in tavola.

Buon appetito.

sabato 16 aprile 2011

Venerdì pesce


Preparato ieri.
Semplice, gustoso, leggero e anche all'occhio fa la sua porca figura.

Seppie con pomodorini e pesto di zucchini
Ingredienti (per 4 persone) : 4 seppie medie pulite, 20 pomodorini ciliegia, zucchini 200gr., 1 spicchio d’aglio, pinoli 20gr., parmigiano reggiano grattugiato 1 cucchiaio da tavola, olio evo q.b., sale e pepe nero.

Preparazione : lavare e tagliare in 4 spicchi i pomodorini, metterli in un’insalatiera e condirli con un pizzico di sale, poco olio e lo spicchio d’aglio.
Lavare, tagliare nel senso della lunghezza gli zucchini e privarli della parte con i semi, quindi tagliarli a piccoli pezzi.
Nell’apposito bicchiere mettere gli zucchini, i pinoli, il parmigiano, una presa di sale, una generosa macinata di pepe, 4 cucchiai da tavola di olio e ridurre il tutto a una salsa con un frullatore a immersione. Assaggiare ed eventualmente aggiustare di sapore.
Tagliare le seppie longitudinalmente alla julienne.
Scaldare una larga padella e quando sarà rovente versarvi le seppie e farle cuocere per 7/8 minuti continuando a mescolarle.
Condire le seppie insieme ai pomodori, servirle nei piatti individuali e guarnire con il pesto di zucchini e un filo d’olio.

Buon appetito.

martedì 12 aprile 2011

Sympathy for the devil


Una star del gothic-rock scomparsa nel nulla, un ex poliziotto tossico morto di overdose, una detective dal passato oscuro e dal presente altrettanto incerto, un ricco produttore televisivo con una strana ossessione, questi sono i personaggi che si muovono in una Cardiff sordida e nebbiosa, nelle foreste innevate del Galles  e in un misterioso centro di riabilitazione dove la negromanzia e crudeli riti sessuali che si perdono nella notte dei tempi sembrano segnare il destino di molte persone.
Sullo sfondo le comunità hippy degli anni ’70 e il loro straniarsi dalla vita reale attraverso l’(ab)uso di stupefacenti abbinato alla maniacale attrazione verso l’occulto che spesso sfociava in incontrollabili, folli e devastanti violenze.
Interessanti sono i numerosi riferimenti musicali, soprattutto nella prima parte del romanzo: dal pop-folk di Nick Drake alla space disco di Amanda Lear di “Follow me”, dalle malinconiche melodie dei Mazzy Star al sentimentale easy listening delle Shangri-Las.

Scritto da Howard Marks, il più colto ed eccentrico ex trafficante di stupefacenti del mondo e autore della super-venduta autobiografia “Mr. Nice”, “Gli uomini preferiscono il diavolo” (Giano, 2010) è un thriller dalla trama interessante e ben sviluppata, le atmosfere ovattate ma coinvolgenti, la costante suspense e lo stile senza troppi fronzoli ne fanno un libro che si legge tutto d’un fiato.

Buona lettura.

domenica 3 aprile 2011

Lydia Lunch @ Magnolia, Milano


Lydia Lunch in forma sia fisica (molto dimagrita rispetto al barilotto che era solo pochi mesi fa) che vocale e gruppo (i Gallon Drunk) che non delude mai.

Gran bel concerto, misurato nei modi (niente istrionismi ma una concreta ed essenziale presenza scenica) e nei tempi (un’ora di performance bis incluso) e proprio per questo carico di tutto il marciume che la nostra cinquantaduenne, ieri sera in versione "Anna Magnani della Bowery", si porta appresso dai tempi del CBGB's e che continua ad aspergere con dedizione.

Repertorio recente in buona parte tratto dall'ottimo "Big Sexy Noise" e tributo a Lou Reed con una strepitosa versione di Kill Your Sons come bis.

Pubblico formato dai soliti (e pochi) noti.

Unica pecca l’incivile orario d’inizio del concerto: mezzanotte in punto.

Personalmente un concerto da 7.5.

Aloha.